Pubblica, blogga, Twitta. Essere scienziati al tempo dei social

Stai leggendo il primo guest post di Scrivere di salute, e io ne sono molto contenta anche perché questo articolo è frutto di una conoscenza nata online, sui social network, per essere precisi su Google Plus. Lo ha scritto Andrea Robotti, un redattore scientifico approdato sul web dopo anni di studio e lavoro come ricercatore in ambito biomedico. Dunque: un ricercatore incontra una web writer chiacchierando su Google Plus e, dopo un +1 e un accerchiamento, nasce l’idea di raccontare per SDS Pubblica, Blogga, Twitta. Fare carriera nella scienza, il convegno tenutosi a Padova il 2-3 ottobre nell’ambito del Master in Comunicazione delle Scienze. Questo è il racconto di Andrea.

La scelta di organizzare un evento nasce spesso dalla necessità di rispondere a una domanda o, per vederla da un’altra angolatura, dal bisogno di confrontarsi su una determinata tematica. Questo è il caso di Pubblica, Blogga, Twitta. Fare carriera nella scienza, convegno che ha avuto luogo il 2 e il 3 Ottobre scorsi a Padova, grazie alla volontà e agli sforzi profusi dal Dipartimento di Fisica e Astronomia, dall’Osservatorio Astronomico e dal Master in Comunicazione delle Scienze dell’Università di Padova. Ci tengo a sottolineare l’importanza di un’iniziativa del genere, poiché sento l’argomento molto vicino alla mia vicenda personale: sono stato un ricercatore e adesso mi occupo di comunicazione in ambito scienza e salute. Non a caso, lo spunto per organizzare una due giorni tanto densa d’interventi, dibattiti e workshop è nato da persone impegnate da anni nella formazione di chi fa ricerca scientifica, per fornirgli gli strumenti adatti a muoversi in un mondo dove la tecnologia sta diventando sempre più presente.

Il progetto è stato organizzato per essere tutto fuorché un classico congresso, tanto che si è rivelato un momento di dialogo utile a individuare:

  • Canali di comunicazione che permettono agli scienziati di condividere i loro risultati e valorizzare, in questo modo, il loro lavoro quotidiano e la propria reputazione;
  • Linguaggi e spazi adeguati a favorire la diffusione della conoscenza verso il pubblico che, dal canto suo, ha il diritto/dovere di informarsi;
  • Rischi di isolamento per chi, invece di contribuire all’ampliamento del sapere, lo tiene per sé o per pochi rimanendo chiuso in una torre d’avorio.

Le premesse per un convegno coinvolgente e dinamico c’erano tutte, ma il valore aggiunto è stata la capacità degli organizzatori di creare un evento che fosse un reale momento di scambio di esperienze fra pari. Per raggiungere questo obiettivo lo streaming è stato determinante, perché ha dato a tutto il pubblico presente e collegato la possibilità di interagire grazie all’hashtag #socialpeer.
In questo modo, il susseguirsi delle presentazioni ha acquisito il sapore di un dibattito aperto al mondo e non confinato alla realtà di un’aula, su Twitter hanno tenuto banco l’attesa tipica dei giorni e delle ore che precedono un evento e, durante i lavori, è stato evidente il desiderio di sentirsi parte attiva di una manifestazione.


 Nella prima giornata sono stati affrontati 3 temi principali:

  • Valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del loro peso nella carriera del ricercatore;
  • Identificazione, in chi fa ricerca, del portavoce affidabile per la divulgazione verso il pubblico, sia delle nuove scoperte sia delle conoscenze attuali;
  • Condivisione e immediatezza con cui gli strumenti web e social possono contribuire a conseguire gli obiettivi.

Lo scenario che ne è emerso non è di certo tutto rose e fiori, ma questo aspetto trova un motivo plausibile nella differenza tra i toni pacati e gli esempi utilizzati dai primi relatori appartenenti alla categoria dei ricercatori, e quelli meno rasserenanti di chi li osserva dall’esterno o appartiene alle nuove generazioni. Il leit motiv delle loro presentazioni sono stati, infatti, esperienze personali, consigli abbastanza generici su come fare una comunicazione efficace e, in un paio di occasioni, suggerimenti concreti che rivelavano tutta la loro imprecisione quando non era fornito un contesto applicativo e si apprendeva che erano stati il risultato di osservazioni o sondaggi.   Nel momento in cui, però, la parola è passata a persone che guardano questo mondo dorato dall’esterno e sono soliti farlo con un occhio più critico – una giornalista e due esperti di comunicazione scientifica – il registro è cambiato e sono venuti allo scoperto problemi tutt’altro che secondari, come la proliferazione di false notizie e bufale, lo spreco di fondi in nome della libera circolazione degli articoli e una scarsa conoscenza degli strumenti del web 2.0, come si vede dallo Storify del primo giorno di convegno.


Uno dei soggetti organizzatori, il Master in Comunicazione delle Scienze, è impegnato da più di dieci anni nella formazione delle nuove leve per evitare che l’inesperienza nella comunicazione dei ragazzi appena usciti dagli atenei italiani possa portare agli spiacevoli inconvenienti che abbiamo visto pochi paragrafi fa.

Il Master in Comunicazione delle Scienze poteva quindi far mancare al convegno un suo forte contributo e una chiara impronta in questo senso? Certo che no, ed esattamente in questa direzione è stata orientata, infatti, la scelta dei relatori e dei contenuti degli interventi nella sessione successiva. Il desiderio di rispondere in modo concreto, di dare al pubblico elementi chiari da portarsi a casa è stato perfettamente tradotto dalle esperienze personali e dai casi studio illustrati nella seconda giornata.

Sia le provenienze sia i background differenti tra loro – attività di biblioteca, ricerca in fisica, epidemiologia e informatica medica, giornalismo, etc. – hanno contribuito a offrire una notevole varietà di esempi in cui ritrovare i nostri primi tentativi di abbattere le barriere che separano gli scienziati e i ricercatori da un utilizzo disinvolto degli strumenti digitali così come scoprire nuovi orizzonti verso i quali spingerci.

La possibilità di “mettere le mani in pasta” è continuata nel pomeriggio con due importanti workshop tenuti da Cristina Rigutto sull’uso di Twitter da parte dei ricercatori e da Laura Barberis sulla misurazione della reputazione online.
Solo chi si trovava a Padova ha potuto seguire questi interventi ma, trattandosi proprio del principale strumento di cui si è parlato, dopo aver scorso le presentazioni che ho linkato, vi invito a fare una ricerca dei commenti utilizzando l’hashtag #socialpeer (Giorno 3 ottobre tra le 14,30 e le 16.30).

Credo proprio che quella riguardante i corsi sia una delle poche recriminazioni che posso avere per non essere stato presente, insieme al non aver potuto visitare la cornice dell’evento e approfittato per fare pubbliche relazioni gustando lo “sfarzoso pranzo”. Infatti, come spettatore collegato via web da casa e pronto a interagire su Twitter, devo dire che ho provato la stessa sensazione che si ha quando si va a un evento al quale ci si è iscritti all’ultimo e si finisce, poi, per seguirlo sul maxischermo nella sala accanto a quella principale.

A tutti coloro che hanno lavorato dietro e davanti alle quinte, vanno i miei complimenti per una prima edizione ben riuscita e l’auspicio che la prossima possa essere ancora migliore… con me tra il pubblico, ovviamente!

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