Come e perché i Big data aiutano la salute e la sanità

I Big data rivoluzionano la sanità e il nostro modo di vivere la salute, per questo è necessaria una nuova organizzazione della gestione sanitaria e una maggiore consapevolezza del paziente che usa dispositivi tecnologici preposti al monitoraggio del proprio benessere.

È questo il messaggio comune degli interventi che dal 16 al 20 novembre si sono succeduti a Tecnopolis, il Parco scientifico e tecnologico di Bari, in occasione della Technological SMEs for the health Industry. Io ho seguito dal vivo la giornata dedicata all’uso dei Big data in sanità, e questo post nasce dall’ascolto di ricercatori e medici relatori.

Connessioni che creano Big data in sanità

Big data in sanità – gratisography.com

La salute è digitale

La sanità e la salute sono sempre più digitali. Lo dimostrano il crescente numero di ricerche mediche sul web e il continuo perfezionamento della lettura statistica dei Big data per il settore sanitario.

Cosa sono i Big data sanitari?
In un rapporto consegnato al Congresso degli Stati Uniti nell’agosto del 2012, si parla di Big data come di grandi volumi di dati ad alta velocità, complessità e variabilità che richiedono tecniche e tecnologie avanzate per raccolta, immagazzinamento, distribuzione, gestione e analisi dell’informazione.

Nello specifico, in riferimento al fascicolo sanitario elettronico, il D.L. 179/2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 novembre 2015 definisce Big data sanitari l’insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito.

Nella nostra vita di pazienti ciascuno di noi genera Big data ogni volta che riceve una prescrizione medica, acquista un farmaco, richiede un servizio sanitario, accede al Pronto Soccorso, si sottopone a un esame diagnostico o di laboratorio, usa Facebook, Twitter e altri social network per comunicare agli amici le proprie condizioni di salute.

Se si facesse una costante analisi incrociata di tutte queste informazioni per ogni assistito: i medici avrebbero un quadro complessivo della salute della persona, sia in generale sia relativa a un dato periodo; i decisori politici, gli ospedali e le cliniche potrebbero prevedere le spese mediche, prevenire le malattie più diffuse e selezionare i servizi sanitari in base alle reali esigenze della popolazione in un dato territorio.

Già in questa fase embrionale, il paziente è al centro del processo perché dai suoi comportamenti si generano i dati da analizzare.

Eccellenza sanitaria grazie ai Big data.
Il caso della Regione Veneto

La convergenza di tutti i fattori delinea casi di eccellenza sanitaria come dimostra quello della Regione Veneto.

Grazie al progetto Acg – Adjusted Clinical Groups – un gruppo di data scientist ha mappato i Big data provenienti dai pazienti veneti ed evidenziato i reali bisogni sanitari della popolazione di un certo territorio. In questo modo, è stato possibile chiarire quali sono le diverse tipologie di pazienti presenti nelle differenti zone di una stessa regione (il Veneto), e adeguare le risposte sanitarie alle reali necessità di salute.

L’obiettivo del Veneto, e di tutte le altre regioni italiane ora più che mai consapevoli del ruolo cruciale dei Big data in sanità, è usare questa mole di informazioni per evitare gli sprechi e concentrare le risorse economiche solo nei settori e nelle specializzazioni mediche di cui la popolazione – non solo i pazienti attuali – ha effettivamente bisogno.

Cosa c’entrano Facebook e Twitter con la sanità?

All’importanza dei social network nella creazione di Big data sanitari, la Dott.ssa Caterina Rizzo (@catera_roma) dell’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato il suo intervento nell’ambito della Technological SMEs for the health Industry.

I social network aiutano i ricercatori a studiare i comportamenti delle persone per poter costruire al meglio una sorta di mappa sanitaria necessaria alla definizione di un efficace programma di comunicazione. È il primo passo per arginare gli effetti di una malattia diffusa, prevenire il contagio e divulgare un corretto percorso terapeutico.

Tra le tante conversazioni che nascono su Twitter e Facebook molte sono incentrate sull’informare altre persone sul proprio stato di salute. Febbre, influenza, raffreddori, cali di pressione, scottature, insolazioni sono solo alcuni dei tipici malanni di stagione riguardo i quali migliaia di utenti condividono ogni giorno aggiornamenti sui social network. Ci sono, poi, community che potremmo definire tematiche perché dedicate a una specifica malattia cronica (come la SLA), rara (come la fibrosi idiopatica) o diffusa (come il diabete).

Sui social network le conversazioni su tematiche di salute sono così numerose e fitte da dare vita a una sorta di sorveglianza partecipata per ovviare alle difficoltà poste dai dati non strutturati che, cioè, non è possibile organizzare in modo definito e definitivo. Un esempio di sorveglianza partecipata è healthmaps.org, il sito che consente di sapere quanti casi di una data malattia ci sono in un determinato stato del mondo in un preciso momento passato o presente.

Lo scambio di post e tweet genera una enorme quantità di dati che rappresentano un’opportunità senza precedenti per gli operatori sanitari: in passato le supposizioni guidavano l’organizzazione delle prestazioni mediche, oggi è la lettura dei Big data a guidare le ipotesi sanitarie, e i risultati sono servizi sempre più aderenti a specifiche esigenze di salute.

Per esempio, basta uno scambio di Tweet tra persone in costante contatto per permettere al data scientist di delineare le possibilità di contagio e diffusione di una malattia per poi definire le misure di prevenzione più adeguate o gestire al meglio la richiesta sanitaria.

Un’analisi, questa, non ancora pienamente possibile in Italia: Twitter è il social network che meglio di altri aiuta a prevedere un possibile contagio perché rappresenta una fonte affidabile e permette di leggere liberamente i tweet; ma in Italia si usa di più Facebook che, al contrario, non presenta lo stesso grado di accesso ai contenuti ed è ritenuto più generalista e meno affidabile.

Con i Big data, quali sono le applicazioni e le prospettive future in sanità?

Senza aspettare troppo il futuro, si possono già apprezzare gli effetti dell’evoluzione tecnologica sulla gestione della sanità e il monitoraggio della salute.

Fascicolo elettronico sanitario
Organizzare i Big data sanitari significa riuscire a ordinare l’enorme quantità di informazioni circa la storia clinica di ogni assistito. Un esempio concreto è il fascicolo elettronico sanitario che presto sostituirà la cartella clinica. Un unico supporto permetterà al paziente di archiviare in un solo dispositivo prescrizioni mediche, farmaci, esami diagnostici, esiti di analisi di laboratorio, accessi al Pronto Soccorso, ricoveri in ospedale, e al medico di ricostruire in modo veloce e preciso lo stato di salute generale e particolare del paziente, oltre a poterne condividere le informazioni con altri medici in caso di malattie che richiedono maggiori consulenze.

Home care, telemedicina
Grazie alle App della salute e a specifiche strumentazioni sanitarie, medico e paziente possono comunicare a distanza, in qualsiasi momento, senza la necessità di ripetute visite mediche. Un innegabile vantaggio per i pazienti anziani, malati cronici o impossibilitati a muoversi.

Nuovo rapporto medico-paziente
Se in passato la persona richiedeva un servizio sanitario solo dopo aver fatto una visita medica, adesso l’assistito può usare App, consultare informazioni sui siti web, confrontarsi sui forum con medici e altre persone con lo stesso disturbo e, quando si rivolge personalmente al medico, conosce nozioni specialistiche che in passato ignorava.

Tutte queste realtà tecnologiche generano continuamente Big data mentre facilitano la vita sia ai pazienti – sempre più al centro del percorso terapeutico – sia ai medici – sempre più presenti con strumenti efficaci di controllo.

Tante innovazioni comportano anche molti rischi e altrettante sfide, tre in particolare:

– tutelare la privacy delle persone assistite
– affidarsi a siti web con contenuti poco o affatto competenti
– dimenticare il ruolo imprescindibile del medico.

Sono temi, questi, su cui si concentra l’attuale dibattito degli specialisti della salute e di chi deve offrire tecnologie sempre più al servizio della sanità.

Oltre a seguire il Technological SMEs for the health Industry, per scrivere questo post ho letto:
L’analisi del DNA online, il primo passo verso la human data hub.
Gestire le risorse sanitarie sfruttando i Big data. Il caso della Regione Veneto.
Sanità: i Big data ci salveranno la vita.
Il sistema di supporto alle decisioni della sanità.
Quando i Big data sono quelli della sanità pur con qualche (non problematica) cautela di privacy, le potenzialità sono rivoluzionarie.

2 commenti

  1. Buongiorno MariaGrazia
    come sempre i tuoi articoli sono ricchi di spunti; che i social siano una realtà consolidata è cosa risaputa e da non sottovalutare, il controllo sulle cose che scriviamo è totale (anche su questo commento). Il limite, secondo il mio modesto parere, è dato dal paziente che si fa autodiagnosi e che potrebbe sottovalutare o sovravvalutare il suo effettivo stato fisico (e forse anche mentale). Interessante il seguire i gruppi di patologie specifiche, spesso sono una sorta di mutuo soccorso tra pazienti e parenti che si trovano a condividere stati di malattia e condizioni di scarsa considerazione istituzionale e qualche volta sociale. Anche le App sono qualcosa di sicuramente interessante e vantaggiosa per quella tipologia di pazienti che hai elencato.
    In merito al rapporto medico-paziente ma direi paziente-operatore sanitario ( medico, infermiere, assitente, …) resto dell’avviso che dedicare il giusto tempo all’ascolto dell’altro è il perno fondamentale di un servizio divenuto troppo tecnicistico e specialistico.

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    • Ciao Mauro e grazie per il tuo commento.
      L’autodiagnosi del paziente è un rischio molto concreto su cui si incentra molta parte del dibattito sia tra i medici sia tra i comunicatori scientifici sia tra quelle figure professionali che, in varia misura, devono quotidianamente cercare di divulgare corrette informazioni sanitarie sottolineando che mai e in alcun modo si sostituiscono al medico.
      Quanto all’ascolto, penso anch’io che il reciproco dialogo, ma soprattutto l’ascolto del paziente da parte del medico, sia basilare per avviare qualsiasi processo di cura. Non a caso ho intervistato alcuni medici e professori che studiano e applicano la Medicina narrativa. Ti consiglio di leggere le loro parole e di commentarle, se vorrai.
      Grazie e buona serata.

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