Ci sono libri che si leggono tutto d’un fiato nel giro di poche ore o di un week end perché snelli e coinvolgenti, e altri da cui non ti staccheresti mai, ma che impongono delle pause dalla lettura per ritrovare un distacco emotivo prima che la trama ti intrappoli in un percorso troppo doloroso per giungere indenne all’ultima pagina.
L’imperatore del male. Una biografia del cancro è un libro del secondo tipo. Ci ho messo quasi nove mesi per finirlo, e giunta alla conclusione posso dire di aver fatto bene a prendermi delle pause dalla lettura. Ora voglio parlarne per condividere una parte di questa incredibile storia del cancro. Comincia nel 2500 a.C. e da un nome, onkos, attribuito alla malattia dagli antichi greci.
Il cancro non è una malattia della modernità
Il cancro è una malattia antica, moderni sono i mezzi che ci hanno permesso di conoscerla e curarla sempre più e meglio rispetto al passato. Per arrivare fino a qui, nel corso dei secoli, medici, ricercatori, scienziati e professori hanno studiato la malattia a partire dalla persona.
Un paziente, molto prima che diventi l’oggetto di un’indagine medica, è un semplice narratore […] di sofferenze – un viaggiatore che si è recato nel paese dei malati. Per avere sollievo da una malattia, dunque, bisogna cominciare ad alleggerirsi della sua storia. [Pag. 85.]
Così, i pionieri delle scoperte scientifiche oncologiche – Sidney Farber, Henry Kaplan, Emil Frei, solo per citarne alcuni – hanno ascoltato e osservato i pazienti prima ancora della malattia e, una rivelazione dopo l’altra, hanno ricostruito la storia del cancro, un passaggio fondamentale per conoscerlo prima di combatterlo.
Gli scienziati spesso studiano il passato con la stessa passione ossessiva degli storici, perché poche altre professioni dipendono in maniera così profonda da esso. Ogni esperimento è un dialogo con un esperimento precedente, ogni nuova teoria la confutazione di una vecchia. [Pagg. 157-8.]
Torniamo al 2500 a.C., quando il medico Imhotep diagnosticò alla regina persiana Atossa un male oscuro che non aveva una cura, un cancro. Atossa reagì in modo molto moderno: ordinò al suo schiavo greco di tagliarle il seno affetto dal tumore. È il primo caso attestato di mastectomia.
Perché si chiama cancro?
I greci usavano il termine onkos che significa massa, peso: la zavorra contenuta nel nostro genoma. A sua volta, onkos deriva dall’indoeuropeo nek, termine che indica una forma attiva di peso: portare e trasportare un carico da un luogo a un altro. Come le metastasi, che altro non sono se non la diffusione del tumore da un luogo d’origine ad altri più lontani e disseminati nel corpo.
Conoscere la storia del termine che dà nome alla malattia consente all’autore, il Dott. Siddharta Mukherjee, di delineare la biografia del cancro perché
Dare un nome a una malattia significa descrivere un certo tipo di sofferenza – è un gesto letterario, prima ancora che una questione medica. [Pag. 85.]
Dal greco onkos si passa al karkinos di Ippocrate in Tracia, e poi alla bile nera descritta da Galeno come un’overdose velenosa per l’uomo. Bisogna aspettare il Rinascimento e gli studi di anatomia di Andrea Vasalio per dimostrare l’inesistenza della bile nera fino a quel momento caposaldo dell’oncologia. Da qui, si prepara il terreno per introdurre nel mondo medico il metodo sperimentale di Galileo, necessario per una rigorosa indagine scientifica. Ma ci è voluto molto tempo prima che dalla teoria si passasse alla pratica diffusa, e questa è un’altra storia.
L’ignoranza dei medici, la fiducia del paziente
Leggendo L’imperatore del male ho ripensato più volte all’intervento di Gilberto Corbellini al Festival della scienza medica di Bologna in merito all’evoluzione del rapporto medico-paziente nella storia della medicina. In particolare, ho ripensato alla riflessione sull’ignoranza dei medici e la fiducia dei pazienti.
Quando non esisteva il moderno metodo scientifico, i medici sapevano poco o niente delle malattie di cui era loro affidata la responsabilità della cura. Procedevano per esperimenti estemporanei, usando le mani nude o strumenti di fortuna non potendo contare su un’attrezzatura adeguata. Eppure la persona malata, il paziente, ha sempre riposto piena fiducia nel medico a cui, non a caso, è sempre stato riconosciuto prestigio sociale. Il medico è il primo farmaco del paziente, la prima persona a cui si rivolge e di cui, parlando, sente di potersi fidare perché viene ascoltato.
Ho pensato a questa riflessione perché il libro è ricco di racconti ed esempi di donne, uomini, bambini pronti a subire qualsiasi cosa e divenire cavia di qualunque esperimento medico potesse dare loro anche una pallida speranza di vincere il cancro. E grazie alla fiducia delle persone e al lavoro ostinato dei medici si è capito, per esempio, che non esiste un solo tumore ma tanti quante sono le parti del corpo attaccate da questa malattia, che la mastectomia radicale potrebbe allontanare il rischio di tumore al seno nelle donne predisposte ma che non assicura la prevenzione assoluta, ed è ancora grazie allo stretto rapporto e al fitto dialogo tra i medici e i pazienti che è stato possibile evidenziare i danni del fumo sui polmoni (fino agli anni ’50 ritenuto irrilevante per la comparsa del tumore) e l’importanza della prevenzione prima che della cura.
L’imperatore del male. Una biografia del cancro è un libro che parla di questa malattia come di una persona un po’ misteriosa e minacciosa di cui si conoscono i tratti grazie alla storia del suo nome, il suo carattere attraverso le informazioni rilevate dalle cellule malate al microscopio dei ricercatori, i punti deboli che hanno permesso, nei secoli, di approntare tecnologie sempre più efficaci per contrastarla. Ciò che manca a questa biografia è una conclusione definitiva, perché a distanza di migliaia di anni dalla sua prima attestazione scritta, il cancro continua a fare paura e le ricerche non si arrestano.
Il volume contiene una bibliografia utile a chiunque voglia approfondire il tema, e un glossario essenziale per comprendere i termini scientifici numerosi specie nei capitoli centrali.
Con questo libro, l’autore medico e ricercatore oncologo Siddharta Mukherjee ha vinto il Premio Pulizer 2011.