La visita medica svolge tre azioni imprescindibili per la salute: prevenire, curare, educare. I primi due verbi non hanno bisogno di spiegazioni mentre al terzo, educare, dedico le riflessioni di questo post.
Ci pensavo l’altro giorno mentre l’otorinolaringoiatra mi spiegava, con termini via via più semplici, la possibile connessione tra un disturbo all’articolazione temporo-mandibolare (in questo caso lo scatto alla mandibola) e l’otalgia, dolore all’orecchio. Grazie al mio lavoro capisco la terminologia specialistica dei medici e a volte mi sorprendo a chiedere maggiori informazioni con un linguaggio appropriato: al medico, pongo domande in medicalese. È un automatismo, una sorta di deformazione professionale che in qualche modo mi permette di condividere lo stesso registro comunicativo del dottore. In entrambi c’è consapevolezza: io, paziente, capisco cosa tu, medico, mi stai dicendo e tu, dottore, ti accorgi di avere davanti a te una persona informata che chiede riscontri precisi e risposte documentate. Un bel vantaggio per entrambi.
Sarà che ne scrivo da 6 anni o che di mio sono molto attenta, fatto sta che eseguo con puntualità i controlli medici di routine e, ogni volta, scopro qualcosa di nuovo sul corpo umano: un disturbo al punto A genera una disfunzione al punto C danneggiando il piano B. Incredibile! Può sembrarvi un pensiero di poco conto eppure, secondo me, non è così.
La visita medica educa il paziente
Tornati a casa, conosciamo meglio come siamo fatti, abbiamo consapevolezza dell’organo o di qualsiasi altra parte del corpo generi disturbo. Conoscere come funziona qualcosa ci aiuta a capire qual è il modo migliore per averne cura.
La visita medica istruisce il paziente
Chi ne è a digiuno impara a conoscere termini specifici che, per quanto estranei ai non addetti ai lavori, sono necessari a comprendere la vera essenza di una malattia. È una conquista importante: entrare in contatto con una novità, fosse anche una parola, ci rende curiosi e questo ci spinge a fare ricerche sempre più precise. Durante la visita il medico ci comunica il nome esatto di quello che poco prima chiamavamo bruciore di stomaco e che ora sappiamo essere l’effetto del reflusso gastroesofageo. La precisione del linguaggio si riflette sulle ricerche online: diventiamo più attenti, esigenti e desiderosi di leggere notizie approfondite e informazioni autorevoli.
Ci sono alcuni tool che i web writer e altri professionisti usano per sapere qual è la parola più cercata dagli utenti in un dato arco temporale e relativamente a un determinato contesto e paese. Google Trends è il tool che utilizzo più spesso. Da una semplice ricerca vedo che in Italia, negli ultimi 12 mesi, nell’ambito della salute, “reflusso gastroesofageo” è stato ricercato più volte rispetto a “bruciore di stomaco”.
Magari mi sbaglio ma, sebbene frettoloso e poco documentato, il risultato di questa ricerca mi sembra essere il primo e più tangibile segnale di una maggiore consapevolezza di tutti noi che, grazie alle visite mediche frequenti, alla presenza dei medici online e alla consultazione dei siti di settore, stiamo imparando a conoscere il nostro corpo e a usare le parole giuste per descriverne disturbi e patologie. Credo che la familiarità con il web e la crescente attenzione verso se stessi, anche attraverso le visite mediche di controllo, ci educhino alla salute.