Mai dire Mestruazioni. Un evento naturale tra design e tabù

Jen Lewis è una designer statunitense che ogni mese, durante il ciclo mestruale, raccoglie il sangue in una coppetta e lo versa nel wc dove, a contatto con l’acqua, crea forme sempre diverse e inaspettate. Intanto, Rob Lewis è sempre lì, pronto a fotografare ciò che il sangue mestruale disegna nel water; dopodiché, Rob e Jen scelgono gli scatti migliori e li pubblicano su Menstruaionresearch.org. Si può definire Jen Lewis una designer mestruale e quel che fa insieme a Rob è un atto di ribellione: liberare le donne dal tabù delle mestruazioni.

Rob Lewis, Menstruationresearch.org

Rob Lewis, Menstruationresearch.org

Il ciclo mestruale è l’evento naturale femminile per eccellenza, insieme alla gravidanza e alla menopausa. Ogni donna del mondo convive con le mestruazioni una settimana al mese, ogni mese, per circa 40 anni. Il ciclo mestruale riguarda la salute femminile, alimenta un cospicuo giro d’affari, rappresenta la possibilità di procreare, ma parlarne è sconveniente, imbarazzante: non si fa. O meglio, di ciclo mestruale si parla spesso per eufemismi evitando di pronunciare apertamente la parola: “ho le mie cose”, “sono indisposta”, “è la settimana no”, “ho la luna storta” e il più fantasioso “è arrivato il marchese”. Se a parlarne sono gli uomini, le frasi si fanno ironiche per sottolineare gli sbalzi umorali propri del ciclo mestruale fino a raggiungere casi limite, come quello che vede protagonista il candidato repubblicano alla Presidenza americana Donald Trump che, infastidito dalle domande incalzanti della giornalista Megyn Kelly, ha giustificato la sua insistenza riportandola all’effetto del “sangue che usciva da qualche parte”. Così, agli occhi della maggior parte degli uomini, le mestruazioni sono solo una seccatura che peggiora l’umore delle donne per sette giorni al mese.

In realtà, la sindrome mestruale e il coincidente sconvolgimento ormonale possono manifestarsi in modo tanto intenso e doloroso da essere un disagio per milioni di donne nel mondo, e per altrettante altre uno stigma che ne mette a rischio la salute oltre che la vita. Succede in India, per esempio, dove il 70% delle ragazze sa dell’esistenza delle mestruazioni solo quado arrivano, e dal menarca in poi, in quei giorni lì non andranno a scuola. Risultato? Perdita della continuità scolastica e bassa istruzione femminile. Non va meglio in remoti villaggi del Nepal dove vige l’usanza del Chaupadi per cui le donne con le mestruazioni vengono isolate in capanne di fango, senza luce, acqua né tantomeno assorbenti igienici, per evitare che il contatto con il cibo, l’acqua e le altre persone possa causare un contagio pericoloso.

Chaupadi Nepal

Donne nepalesi isolate in capanne di fango secondo in osservanza del Chaupadi – http://viiphoto.com/

In Occidente non ci sono questi estremi, ma il sangue diventa un sinuoso fluido azzurro nelle pubblicità degli assorbenti, e i tamponi vaginali sono usati con la disinvoltura propria della conquistata libertà di poter indossare abiti chiari e attillati anche durante il ciclo mestruale, ed è importante imparare a indossarlo bene per evitare il rischio di TSS – Sindrome da Shock Tossico – causata dallo Staphylococcus Aureus, un batterio presente nel naso e nella vagina, e da molti medici riconducibile a un eccessivo uso di assorbenti interni.

Il ciclo mestruale è un evento naturale, doloroso per la donna ma bello perché consente la possibilità della gravidanza, dunque la vita. Appare curioso che ci si imbarazzi del sangue mestruale mentre si guarda con ammirazione quello rappreso su organi in decomposizione in obitorio, ed è curioso anche che se ne parli usando degli eufemismi come si fa per allontanare qualcosa che fa paura. Accade, infatti, quando ci si riferisce alle malattie gravi: il cancro è diventato “il nemico” o “il male”, la chemioterapia è “l’alleato per combattere il nemico”, e così via. E allora, se le parole scuotono il comune senso del pudore e il silenzio rischia di causare gravi danni sociali e sanitari, è meglio ricorrere ai gesti concreti.

In India, un paese emblematico per problemi di varia natura, il lungo processo di cambiamento culturale, femminile innanzitutto e sociale di conseguenza, sta iniziando dalla tenacia di piccole aziende impegnate a fornire alle donne assorbenti igienici ed educazione sessuale, e sempre contro la stigmatizzazione del mestruo Arushi Dua, una ventenne di Nuova Delhi, ha scritto a Mark Zuckerberg chiedendogli di inserire su Facebook il tasto “ho le mestruazioni”. Stiamo ancora aspettando l’agognato bottone “non mi piace” e sarà forse difficile vedere su Facebook un’icona riconducibile al sangue mestruale, ma la richiesta di Arushi Dua è una provocazione che segue la scia di Rob e Jen Lewis: se non se ne può parlare allora mostriamole e, chissà, un giorno si potrà dire mestruazioni senza alcun imbarazzo.

Per un approfondimento ben documentato, suggerisco la lettura di un editoriale di Abigail Jones pubblicato su Newsweek scelto per la copertina di Internazionale del 14 maggio 2016, Scorrerà il sangue. Mestruationresearch.org è il sito della Society for Menstrual Cycle Research, un’organizzazione no profit di ricerca interdisciplinare che include tra i suoi membri ricercatori di scienze sociali e sanitarie, studenti, attivisti della salute e artisti, come Jen e Rob Lewis che ha scattano la foto in evidenza in questo post.

 

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