Mi piace conoscere il significato vero delle parole, quello ancorato all’etimologia e non solo quello che, per convenzione, riconosciamo in un linguaggio condiviso. Per questo mi ha soddisfatto la lettura di Cliente, paziente, persona. Il senso delle parole in sanità. Il breve libro scritto dal Dott. Marco Gaddes da Filicaia esplora la ricchezza semantica del linguaggio sanitario e rivela sfumature di senso inattese, come quelle che coinvolgono l’aspetto etico e morale della professione medica.
Ho scoperto questo breve libro grazie alla community Salute su Google Plus e al suo gestore-proprietario Massimo Pacifici che, durante un confronto sulle parole della salute, ha fatto riferimento al lavoro editoriale del Dott. da Filicaia. Per questo lo ringrazio e ribadisco l’indiscussa utilità del confronto e della condivisione del sapere sui social network.
Ma torniamo al tema di oggi. Su questo blog ho già affrontato la questione del gergo sanitario parlando del medicalese e chiedendovi aiuto per trovare un sinonimo di paziente. In tal senso, Cliente, paziente, persona è un libro illuminante soprattutto perché a scriverlo è un medico.
Il Dott. da Filicaia di certo ha dalla sua l’esperienza professionale e una fine sensibilità linguistica: non mi spiego altrimenti l’esigenza di scrivere un libro per riflettere sul senso delle parole in sanità. La triade del titolo, la stessa che dà nome al primo capitolo, è un esempio immediato per capire la direzione in cui si svolge il pensiero dell’autore.
“Il sistema sanitario è a disposizione delle persone, poiché tutela – secondo la nostra Costituzione – la salute come diritto fondamentale dell’individuo (e non del cittadino italiano). Le persone sono pazienti, quando presi in carico dal servizio per problemi assistenziali […]; sono utenti quando si rivolgono per informazioni, transazioni, certificazioni, ecc.; sono cittadini quando intervengono per contribuire, con le loro indicazioni e il loro voto, alle scelte sanitarie. Sono queste le parole che dobbiamo utilizzare, lasciando il termine cliente al mondo del consumismo, che è già assai ampio, variegato, prospero e – spesso – gradevole, senza necessitare di ulteriori indebite espansioni!” Pagg. 6-7.
I restanti undici capitoli seguono lo steso schema del primo: il Dott. da Filicaia affianca tre termini usuali della sanità e ritenuti con errore sinonimi, e di ognuno presenta l’etimologia da cui si snoda il discorso che dimostra quanto la parola più comune sia anche la meno appropriata al contesto sanitario.
È il caso, per esempio, di Privacy, intimità, pudore (cap. 3), Informazione, comunicazione, narrazione (cap. 7), e Bello, buono, salubre (cap. 4). Non so a voi, ma a me balza agli occhi la distanza tra la privacy dal sapore commerciale e il pudore proprio di una condizione intima come quella della malattia; spicca la differenza tra dare informazioni, comunicare con e a qualcuno, e narrare un’esperienza che con la malattia diventa personale, sofferta e anche condivisa grazie alla medicina narrativa; incuriosisce l’accostamento tra bellezza, bontà e salute, tanto che il capitolo 4 è quello che più di tutti mi ha sorpreso: è ovvio associare la salubrità a un ambiente pulito, ordinato e bello, è invece meno scontato il legame linguistico tra i tre aggettivi. Legame che il Dott. da Filicaia spiega così:
“Quello di cui abbiamo evidenza è che ospedali, ambulatori, strutture riabilitative, servizi diagnostici “belli” favoriscono la salute e contribuiscono alla guarigione; sono pertanto essi stessi strumenti terapeutici. I lettori ritengono forse la mia opinione azzardata? Provo a motivarla. La qualità, e quindi la bellezza, degli ambienti, la luce, i colori, la visione della natura, la qualità dell’arredo, l’inserimento – attento – di opere artistiche nell’ambito di strutture sanitarie riducono lo stress, il dolore (e il conseguente uso di farmaci), gli errori medici, la durata di degenza.” Pagg. 40-41.
Voglio dedicare una nota conclusiva al virgolettato che introduce ogni capitolo sintetizzandone il senso, alla bibliografia che accompagna la fine di tutti i capitoli, e al testo della quarta di copertina con il quale vi saluto.
Una parola vive quando viene pronunciata e le sue vite e i suoi significati sono diversi da tempo a tempo, da luogo a luogo, da persona a persona. Come l’orbita di un elettrone intorno al nucleo ha un margine di indeterminatezza, così il senso che la parola assume oscilla in base alle circostanze e al contesto. Quello sanitario è un mondo di segni, di significati e quindi di parole da ascoltare, da interpretare. Cliente, privacy, cambiamento, fragilità, accettazione, qualità, spreco, sono alcune delle «parole della sanità» contenute in questo libro, scelte perché spesso utilizzate in modo approssimativo, casuale, sbadato proprio in quei luoghi dove ci si confronta con il dolore, la morte, la vita, la speranza e dove, se non vi è competenza e attenzione nell’uso delle parole e nella comprensione dei loro significati, scarsa sarà la capacità di ascolto e di interpretazione.
Cliente, paziente, persona. Il senso delle parole in sanità.
Il pensiero scientifico editore, collana Graffiti.