Tumore: un caso di comunicazione sfortunata

La scorsa settimana è stata diffusa una notizia shock che, sin dalle poche parole di un titolo, sembrava annullare decenni di studi e certezze scientifiche: il cancro dipende dalla sfortuna. Allora la prevenzione e gli esami di routine sono inutili? Certo che no! Facciamo chiarezza sulle parole usate nell’abstract di un paper su Science.

Science-copertina-2015

Science, copertina del numero di gennaio 2015

Un titolo infelice

Un po’ di tempo fa ho detto che bisogna maneggiare con cura il titolo di un articolo di salute, e con questo post voglio dimostrarvi quanto un titolo infelice possa generare importanti errori di interpretazione e ripercussioni significative sulle opinioni dei lettori.
Come me, molti di voi avranno letto con un misto di stupore e incredulità la notizia divulgata nei primi giorni dell’anno che i principali giornali hanno sintetizzato con questi titoli:

Prendere il cancro è solo sfortuna? Il Post.it, 2 gennaio 2015.
Cancro causato più dalla sfortuna che dagli stili di vita La Stampa.it, 2 gennaio 2015.
Il tumore è colpa della sfortuna Il Giornale.it, 3 gennaio 2015.
Anche il cancro è una questione di sfortuna Salute24.it (Il Sole 24 ore), 5 gennaio 2015.
Tumori, la ricerca shock: ne causa più la sfortuna che lo stile di vita La Repubblica.it, 2 gennaio 2015.
I due terzi dei tumori causati dalla sfortuna? Ricerca choc su Science Corriere.it, 2 gennaio 2015.
“Due tumori su tre dipendono dalla sfortuna e non dallo stile di vita o dai geni”. Ricerca shock pubblicata su Science HuffingtonPost.it, 2 gennaio 2015.

Penso che questi esempi bastino a inquadrare il caso e riportarlo alla vostra memoria.

Protagonisti della vicenda: un abstract, un paper e la sfortuna

Prima di entrare nel dettaglio, chiariamo due concetti: cos’è un paper e cos’è un abstract?
Il paper, o scientific paper, è una pubblicazione scientifica scritta da uno scienziato per comunicare i risultati dei suoi studi all’interno della comunità scientifica. Dunque è un lavoro destinato a scienziati e ricercatori che si diffonde attraverso pubblicazioni editoriali scientifiche e ambienti accademici.

Per descrivere molto brevemente cos’è l’abstract, cito alcune parole da un post di Roberta Zanella che invito a leggere perché completo e come sempre illuminante: “[…]L’inglese abstract, che sentiamo spesso nominare, si riferisce alla seconda accezione (del termine astrarre. N.d.r): estrapolare parole – quelle giuste – dal testo per anticiparne il contenuto e spingere il lettore all’azione. […] Dopo i giornali del Seicento, è la scrittura di articoli scientifici – scientific paper – a battezzare l’abstract come sommario/riassunto di contenuti pseudo-divulgativi: sintassi semplice, brevità e oggettività sono le basi da cui partire. Bando alla retorica e all’interpretazione soggettiva, quindi.”

La sfortuna non ha bisogno di presentazioni, ma è la parola determinante di questa vicenda che ha sollevato accesi dibattiti tra la comunità scientifica.
Nel primo numero del 2015, l’autorevole rivista scientifica Science ha pubblicato uno studio a firma di Cristian Tomasetti e Bert Vogelstein dal titolo “La variazione del rischio di cancro tra i tessuti può essere spiegata con il numero di divisioni cellulari staminali.”
Lo studio riguarda l’incidenza dei tumori, ed è presentato dall’abstract che, in sostanza, spiega che l’insorgenza dei tumori deriva più dalla “bad luck”, dalla sfortuna, che da cause ereditarie o ambientali. L’espressione “bad luck” non appare mai nel paper dei due scienziati ma solo nell’abstract e nell’articolo di commento che Science ha pubblicato a firma di Jennifer Couzin-Frankel.

Capita di rado che un paper balzi all’attenzione del grande pubblico generalista, ma in questo caso l’incredibile conclusione a cui si giunge con facilità grazie all’abstract non poteva che generare eco. In sostanza, in questo caso Science stessa ha servito su un piatto d’argento una notizia che giornalisti e media hanno subito fatto propria per darne clamore: il cancro è un caso sfortunato e non la conseguenza di fattori ereditari e ambientali.
Purtroppo, a essere sfortunata è la comunicazione della notizia. Fermo restando che sono gli autori stessi del paper e l’autrice del commento allo studio a parlare per primi di “bad luck”, i titoli dei principali giornali ci dicono che del lavoro scientifico è stato letto esclusivamente l’abstract, nient’altro.

L’errore interpretativo

A scanso di equivoci dico ATTENZIONE: la mia è un’analisi circoscritta alla terminologia usata nella divulgazione della notizia e, volutamente, non affronto aspetti prettamente medico-scientifici di cui non ho alcuna competenza e a cui rimando alla fine di questo post.
Però qualcosa devo spiegare per poter comprendere cos’è successo. Per capire cosa ha causato il fraintendimento, bisogna conoscere il contenuto del paper e dire, in sintesi, che la ricerca scientifica ha riconosciuto e confermato i tre fattori determinanti di un tumore: ereditario, ambientale e spontaneo. Concentriamoci sull’ultimo fattore, quello spontaneo. Le cellule si riproducono continuamente per sostituire, con cellule nuove, quelle che altrettanto continuamente si distruggono. Il processo di riproduzione implica delle mutazioni spontanee, cioè casuali, che possono generare degli errori. Questi errori possono predisporre una persona a contrarre un tumore.

Chiarito ciò, sorgono alcune domande: in quale percentuale ciascun fattore contribuisce a determinare un tumore? Perché una persona che si ammala di tumore lo fa in modo differente a seconda dei tessuti? Perché alcuni tumori hanno una frequenza più alta rispetto ad altri? I tessuti sviluppano tumori con una diversa probabilità e frequenza perché hanno un diverso numero di cellule staminali. Le staminali sono le cellule che si riproducono con maggiore frequenza e, dunque, è più elevata la possibilità che durante una duplicazione si verifichi una mutazione spontanea – casuale – potenziale responsabile dello sviluppo di un tumore. Di conseguenza, i tumori colpiscono con più facilità e frequenza i tessuti che hanno più cellule staminali (per esempio il colon) e non quelli che ne hanno meno (per esempio la laringe).

Un numero maggiore di mutazioni non significa la certezza di ammalarsi di tumore, ma aumenta la possibilità che ciò accada se è presente il fattore ereditario e se ci si espone a rischi ambientali come fumo, cattiva alimentazione e sedentarietà.

Il fraintendimento è nel numero. Vogelstein spiega che il 65% dei tumori dipende delle mutazioni casuali e spontanee delle cellule. Da qui è facile trarre la conclusione che solo il 35% dei tumori è causato da mutazioni dovute a fattori ambientali ed ereditari. È una cattiva interpretazione sia perché è sbagliata sia perché è pericolosa: se fosse vero toglierebbe valore e senso alla necessità della prevenzione che tanto si fatica a far rientrare tra le buone abitudini di vita.

In realtà, il 65% di cui parla lo studio si riferisce alla differenza di mutazioni tra i diversi tessuti, e non dice che il 65% dei tumori è provocato dalle mutazioni casuali e che, quindi, i tumori dipendono dalla sfortuna.

Cosa ci insegna il caso di Science

I due scienziati hanno fatto una ricerca importantissima sull’incidenza dei fattori (ereditario, ambientale e casuale) nello sviluppo dei tumori, ma è stato comunicato male. Ci sono difficoltà di comunicazione.

In questo caso, la responsabilità si ripartisce tra scienziati, editori dei giornali e giornalisti. I ricercatori sono eccelsi nello studio ma spesso non sanno comunicarne i risultati (ricordi l’importanza dello science writer?); gli editori giungono a conclusioni che facilmente coincidono con un titolo clamoroso; i giornalisti coniano espressioni e titoli di grande impatto per dare massima evidenza alla notizia.

Il risultato è una notizia shock che acquista credibilità perché cresce, si diffonde e consolida sul web, i cui strumenti sappiamo essere insuperabili nel diffondere un’informazione in modo immediato, persuasivo e superficiale. In sostanza: senza aver letto un articolo dall’inizio alla fine, si fa presto a diffondere una notizia sbagliata e a dare colpa alla sfortuna.
Fonti – Per maggiori informazioni e approfondimenti dal taglio medico-scientifico: Podcast Radio3Scienze, “Il cancro e il caso” di Lisa Vozza, Science, Corriere della sera, Salute internazionale.

Aggiornamento del 6 febbraio 2015

Science ha riconosciuto e ammesso l’errore. Riporto uno stralcio dell’articolo che invito a leggere interamente sulle pagine del Corriere:
Oggi la stessa rivista [Science] pubblica una raffica di sei lettere critiche, scritte da ricercatori sparsi tra l’America e l’Europa, dal Mit allo Iarc, che invitano alla cautela nell’interpretazione dei dati. […] Persino la reporter di Science che aveva curato l’articolo divulgativo di presentazione, di fronte alle polemiche, si era sentita in obbligo di condividere online qualche amara riflessione sulla difficoltà di comunicare la complessità della scienza.

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